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Hotel San Guido
COMPLEANNO A NOVE STELLE

di Silvia Seracini 

Il nove è il mio numero preferito.
Sono nato il nove settembre del millenovecentosessantanove e per i miei cinquant’anni mi sono regalato una vacanza a Milano.
Quest’anno poi è particolare perché è la nona volta che soggiorno in questo hotel.
L’idea di concedermi qualcosa di speciale per il mio compleanno, manco a dirlo, è stata di Bebi. Continuava a insistere che era ora di muoversi, di dare una svolta. Come sempre con lui, ho ceduto: “Portami via, ma che non sia troppo lontano”. Detto, fatto.
Mi sistemo gli occhiali sul naso e, fra l’ispido della cattiva rasatura, sfioro il sorriso del conforto che mi dà la sua presenza.
Bebi l’ho conosciuto quando avevo nove anni.
“Ti va di giocare con me?”. Ricordo la sua prima frase come se fosse passato solo un attimo. Da allora c’è sempre stato ed è l’unico con cui ho voglia di parlare, per questo ritengo inutile possedere un cellulare. O un computer.
Vengo da Busseto, dove è nato Giuseppe Verdi.
Col cambio a Fidenza si impiega circa un’ora e quaranta minuti ma bisogna correre fra un treno e l’altro.
Col cambio a Cremona ci metto due ore e quaranta, con un’ora di attesa alla stazione di Cremona. Come sostiene Bebi, le stazioni sono dei meravigliosi punti per ripartire. Non mi dispiace attendere, inoltre questa soluzione è più economica e con le offerte spendo quasi nove euro!
Il viaggio è comodo, meglio ancora se c’è poca gente sul treno. Si scende alla stazione centrale di Milano, da là basta seguire i nuovi grattacieli e andare verso Porta Nuova.
Bebi, ti ricordi quando mi hai detto che anche noi siamo diventati grandi dai tempi in cui giocavamo a trovarci nel campetto sotto casa? Da quella volta i grattacieli non mi hanno fatto più paura.
Cerco sempre di arrivare non appena è possibile fare check-in, così da godermi il massimo della permanenza in albergo. Il portiere ormai mi riconosce e sono certo che domani mi farà gli auguri di buon compleanno.
Nove anni fa ho scelto l’Hotel San Guido perché ho letto che è stato inaugurato nel 1909, e il nove e il mio numero preferito.
Detesto le catene. Ritengo che gli alberghi, come le persone, non possano essere tutti uguali.
La hall mi ricorda il salotto dove giocavamo da piccoli e la mamma per merenda ci portava la spremuta e una fetta di crostata su un vassoio tremolante, e poi scappava via con gli occhi lucidi e le maniche tirate sui polsi scuri.
“Bentornato, signor Testa”.
Un delizioso odore di zucchero si spande nell’aria mentre consegno i documenti alla reception.
Magari domani la signora delle colazioni mi servirà la torta alle mele proprio come se l’avesse preparata per il mio compleanno. In effetti è un po’ così, che ne dici Bebi?
Vedi che fortuna che ci hanno dato la camera quarantacinque? Ché quattro più cinque fa nove.
Se sapessi cos’è l’amore, potrei dire che amo questo posto. Una piccola stanza calda di dipinti, mobili d’antiquariato e oggetti addomesticati dal tempo e dalla perizia. Dalla fatica dell’arte, che è sottrarre quello non ci può più mancare per diventare noi stessi. Bebi, ma mi ascolti? La sua risata viene inghiottita dal passaggio di un tram.
Lasciamo le nostre cose e usciamo subito, così da sfruttare appieno la luce del giorno. Il buio non mi piace.
Di solito si parte dal Cimitero Monumentale, dove scherzo con Bebi sul fatto che abbiamo un anno in più e che chissà se ci meriteremo un posticino nel Famedio.
Chi dice che Milano è una città caotica? Con Bebi facciamo lunghe chiacchierate mentre passeggiamo fra i parchi. Domani poi prima di ripartire per Busseto esploreremo la Biblioteca degli alberi e immagino che dopo un po’ Bebi si annoierà e vorrà andare a Corso Como a fare shopping. Ma mi ci vedi ad andare in giro per negozi? Che noia. Ti ricordi quanto si spazientiva il papà mentre attendeva la mamma fuori dai negozi?
Si è fatta ora di cena. Cinque anni fa Bebi ha provato a portarmi da Eataly, che aveva aperto da poco nella sede dell’allora Teatro Smeraldo. A me non piacciono i cambiamenti, e comunque non siamo mai stati nemmeno al teatro. Troppa gente seduta troppo vicino.
Perché piuttosto non ci facciamo il solito giro a China Town, oppure ordiniamo da mangiare all’orientale vicino all’hotel: che dici Bebi, nove ravioli al vapore saranno sufficienti? Per te prendo anche gli involtini, lo so che ne vai matto.
Papà andava matto per l’opera, ma all’epoca forse non ero abbastanza grande da apprezzare il teatro.
Eppure non ero troppo piccolo per portarmi a caccia.

La donna è mobile1
Qual piuma al vento,
Muta d’accento – e di pensiero
♪♫

cantava papà e dirigeva la sua orchestra immaginaria col fucile anziché con la bacchetta.
Mi ci vedi alla Scala, Bebi? Dai, non scherzare. Sai che mi fa male. Si è fatto freddo, vorrei tornare in albergo.
Prima di rientrare passiamo davanti alla Fondazione Feltrinelli e mi stupisco di come stia cambiando la città e, no Bebi, stavolta ti sbagli: tutto ciò non mi spaventa. Lo trovo bello. Dico che perdersi col naso all’insù fra le nuvole raddoppiate dai vetri dei grattacieli è un po’ come vivere due volte. Come quando si legge un libro.
Se sapessi cos’è l’amore, potrei dire che amo leggere prima di addormentarmi.
Mi piace cominciare da tutte le pagine che contengono il numero nove: pagina nove, diciannove, ventinove…
Bebi, amico mio, ti ricordi quando con la pila accesa sotto le lenzuola mi ammazzavo di stanchezza gli occhi sui fumetti di Topolino, e tu che avevi sonno e mi rompevi l’anima… il giornalino finiva per cadere a terra e io temevo che lo sentissero dalla stanza affianco e passavo il resto della notte abbracciato a noi stessi a all’ansia che quella porta si potesse aprire all’improvviso.

Dies Irae2 , dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.
Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus
♪♫

È inutile che insisti: alla Scala non ci andiamo. Forse per il mio prossimo compleanno, ma non ti assicuro niente.
Se sapessi cos’è l’amore, potrei dire che amo la musica. Ma mi fa anche paura. Mi fa pensare alla vita vera. Al terrore alle botte ai sospiri alle lacrime. Bebi dice che tutto passa ma, al di fuori della musica, il tempo non ha la stessa durata per tutti: un minuto può stirarsi all’infinito e un’esistenza perdersi in un istante.

Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.
Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die
♪♫

imitavo il vocione di mio padre per far ridere Bebi ma in realtà era a me che veniva da piangere.
Bebi, posso lasciare l’abat-jour accesa?
Non mi risponde, forse si è già addormentato.
Al San Guido riesco a riposare, cullato dai rumori di una città che cambia senza intimidirmi.
È la nona volta che vengo in questo hotel e gli darei nove stelle: cinque stelle io e quattro Bebi, ché non siamo mai d’accordo su niente anche se non potremmo fare a meno l’uno dell’altro. Lui è l’unico che mi sopporta da quando ho capito che avrei potuto perdermi, e non l’ho permesso a me stesso.
Oggi è il mio compleanno e mi sveglio con un piacevole senso di attesa addosso. Una lama di luce svela sottili inquietudini in punta di cuscino: chissà che sorpresa mi avrai preparato, Bebi. Ma dove sei finito?
Non lo trovo neanche in bagno mentre tento di radermi a dispetto delle lenti appannate dal vapore dell’acqua calda. Suppongo sia già sceso per la colazione. È il mio compleanno e sono in vacanza, perché mai dovrei avere paura, Bebi?
Torta di mele, avevamo indovinato! La mia preferita. Un ottimo modo di festeggiare! Sicuro che vuoi andare a visitare questa Biblioteca degli alberi? Ma è un posto nuovo, chissà… Hai ragione Bebi: è la prima volta che compio cinquant’anni. Anche questo non mi era mai capitato.
Che dici, Bebi, sarà meglio fare check-out subito dopo colazione, poi lasciamo il bagaglio e torniamo a prenderlo così prendiamo il treno prima che faccia troppo buio?
“Auguri di buon compleanno, signor Testa! Ecco qua la sua ricevuta: una singola per una notte. Come al solito. Spero si sia trovato bene, la aspettiamo il prossimo anno. O anche prima, ovvio. Ma certo, lasci pure il suo bagaglio. Buona passeggiata!” mi strizza l’occhio il portiere.
Eppure lo sa che ci vedremo al mio prossimo compleanno, a meno che Bebi non faccia qualche colpo di testa.
Chi dice che Milano non è a misura d’uomo? Con Bebi la percorriamo solo a piedi, e non ci perdiamo mai. Guai alla metropolitana – mi spaventa solo il pensiero! –, dei tram poi tollero il rumore ma detesto prenderli. Troppa confusione, e a me piace la tranquillità.
E chi lo dice che i cambiamenti devono essere sempre in peggio? Ritengo che Milano, ad esempio, in questi ultimi nove anni sia diventata più verde.
Il Bosco Verticale con novecento alberi di novanta specie diverse, il Parco di Porta Nuova con questa Biblioteca degli Alberi. Che piacere ritrovarsi qua senza dover varcare cancelli e recinzioni. Perdersi fra i sentieri e le foreste circolari, sedersi a leggere un libro sapendo di poterlo condividere con lui.
Bebi lo conosco da quando ho compiuto nove anni. I miei genitori non si erano ancora separati e già io mi sentivo solo.
Vorresti rimanere un po’ qua? Come preferisci: ci penso io a tornare in albergo per prendere il bagaglio, possiamo trovarci direttamente alla stazione.

 

 


Note al testo

1. La donna è mobile è l’aria che il Duca di Mantova (tenore) intona nel terzo ed ultimo atto di Rigoletto di Giuseppe Verdi (1851).
2. Questo e il successivo frammento sono tratti dalla Messa da Requiem dedicata ad Alessando Manzoni, composizione sacra di Giuseppe Verdi del 1874 per coro, voci soliste ed orchestra.