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Qvevri, la madre del vino

Molti dei tesori più preziosi si conservano sotto terra. Come l’Hypogeum di Hal Saflieni, a Malta, unico tempio preistorico sotterraneo al mondo, patrimonio Unesco dal 1980. O come i Qanat di Palermo, cunicoli sotterranei risalenti alla dominazione araba. Oppure come la necropoli rupestre di Pantalica, in provincia di Siracusa, anch’essa patrimonio Unesco. O magari come il lardo di Colonnata, che il marmo conserva nelle sue conche naturali, affondato in strati di pepe, cannella, chiodi di garofano, coriandolo, salvia, rosmarino.

C’è però in Georgia un altro patrimonio riconosciuto come Patrimonio Culturale Immateriale dall’Unesco: sono le qvevri della Georgia, un piccolo Paese caucasico. Già il nome Georgia richiama la parola greca ‘geo’, ossia Terra: i georgiani sono infatti tra i più antichi agricoltori del mondo, e custodiscono un’antichissima cultura della tecnica di vinificazione, risalente a 8000 anni fa. La qvevri è un’enorme orcio di terracotta (da 2000 fino a 5000 litri) che veniva interrato e in cui venivano immessi succo, bucce, raspi e vinaccioli per avviare il ciclo di produzione del vino. La qvevri è la “madre” del vino georgiano, la sua forma ovale che richiama appunto l’utero materno non è casuale. In Georgia sono tuttora in uso qvevri centenarie ereditate e passate da padre a figlio, di generazione in generazione. Si ritiene che la qvevri sia il contenitore ottimale per il vino: nella terracotta il vino respira, cresce, evolve. Inoltre le argille della zona rafforzano il concetto di terroir: il vino cresce nella stessa terra che l’ha generato.


Fonte: Vinix, Nicoletta Dicova
Ph: L’immagine risale a una missione scientifica in Georgia di Ernest Chantre nel 1881